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Case circondariali: la nostra esperienza

Ispirato all’art. 27 della Costituzione Italiana che afferma il fine rieducativo della pena, il sistema penale italiano prevede come modalità di esecuzione della condanna sia la detenzione in un istituto penitenziario sia l’accesso a misure alternative alla detenzione (la cosiddetta esecuzione penale non detentiva).

Le persone che non possono accedere alle misure alternative dalla libertà poiché non sono in possesso dei requisiti previsti dalla norma, scontano la loro pena in carcere (anche se con la possibilità di uscirne in misura alternativa, una volta raggiunti i requisiti temporali di legge).

Per queste persone, gli/le operatori/trici penitenziari/ie (educatori/trici, psicologi/ghe, gli/le stessi/e assistenti sociali dell’UEPE che collaborano con il carcere per gli aspetti della vita dei detenuti riguardanti l’assetto socio-familiare esterno) si adoperano per attuare quanto previsto dall’ordinamento penitenziario riguardo alle attività cosiddette intramurarie.

Nelle situazioni più felici, nonostante la maggiore rigidità rispetto all’esecuzione penale esterna, anche il carcere prova ad interagire con il territorio circostante cercando collaborazioni con i più diversi interlocutori.

Novembre 2018 - Marzo 2019

Progetto presso il carcere di Pisa: Fuori dalle gabbie emotive


A partire dal mese di Novembre (2018) fino a Marzo 2019 l’Associazione Nuovo Maschile ha condotto all’interno del Carcere Don Bosco un progetto che ha visto la partecipazione dei detenuti e delle educatrici della struttura.

L’intervento è stato realizzato da due psicoterapeuti dell’associazione ed è stato strutturato in due momenti, articolati con cadenza settimanale: una prima parte ha riguardato le educatrici con incontri sul tema della violenza, quindi di tipo più formativo e di condivisione, ed una seconda parte che ha riguardato direttamente i detenuti, con incontri di gruppo e momenti di colloquio individuali.

L’esigenza dell’intervento è stata dettata dal fatto che come associazione riteniamo sia importante aiutare
gli operatori a conoscere ed ad individuare in maniera più approfondita ed efficace gli aspetti legati alla
violenza, nonchè sensibilizzare allo stesso modo uomini e soggetti che nella loro esperienza di vita hanno
messo in atto comportamenti violenti.

Il momento con i detenuti è stato molto importante, perchè li ha visti mettersi in gioco, discutere e
confrontarsi su temi come la violenza, le relazioni di coppia e le possibilità di incontro con l’altro/altra.
Non si è trattato di lezioni frontali, quanto piuttosto di dibattiti moderati dai due teraepeuti a partire da
alcuni stimoli, che potevano essere testi, filmati o dati statistici.

Per chi avesse voluto erano stati poi previsti dei colloqui individuali all’interno dei quali veniva offerta la
possibilità di affrontare temi emersi all’interno del gruppo in una situazione più “intima” e “protetta”,
nonchè di parlare della propria storia personale, qualora il detenuto lo avesse voluto.
La partecipazione è stata decisamente soddisfacente, soprattutto visto che è stata la prima volta che un
progetto del genere veniva presentato all’interno della struttura, e viste le resistenze presentate, almeno
inizialmente, dai detenuti.

Al gruppo hanno infatti partecipato mediamente da 8 a 10 uomini, e lo stesso vale per i colloqui
individuali, dal momento che quasi tutti gli uomini hanno richiesto di fare almeno un incontro.
Sicuramente, vista l’utilità che è stata riconosciuta all’intervento, ci auguriamo che questo possa segnare
l’inizio di una collaborazione continuativa.

Novembre 2015

Esperienze di collaborazione: Pisa e Volterra

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Le nostre esperienze di collaborazione si sono svolte una presso la casa circondariale di Pisa, l’altra presso la casa di reclusione di Volterra. A Pisa abbiamo svolto un ciclo di cinque incontri e a Volterra tre incontri, per un totale di 2 gruppi di detenuti. I temi affrontati erano relativi alla gestione delle emozioni, delle modalità comunicative, e al riconoscimento della violenza.

Abbiamo notato quanto le persone apprezzassero la possibilità di confrontarsi in un clima di accoglienza e non giudizio, su temi quali le relazioni uomo donna, il rapporto con i figli e le figlie, la gestione delle emozioni (soprattutto rabbia e aggressività). In un clima di sicurezza emotiva hanno potuto esprimersi, certi di essere accolti e di poter essere aiutati a comprendere aspetti di sé e delle relazioni con l’altra, che spesso mettono in difficoltà, di fronte alle quali ci si può sentire inadeguati, incapacità di verbalizzare per essere capiti e cercare di capire l’altra. Difficoltà di fronte alle quali il comportamento aggressivo può sembrare un rapido rimedio, causando invece sofferenze e danni, a volte irreparabili.

Siamo convinti che una riflessione su tali temi possa aiutare le persone detenute ad attrezzarsi con modalità più positive nell’ambito delle proprie relazioni al di fuori del carcere. Riteniamo infatti che una rete di relazioni di miglior qualità possa sostenere le persone nel difficile percorso di rientro in una comunità spesso ostile e animata da pregiudizi: la rinuncia a scivolare verso condotte illegali può essere più semplice se la scelta è sostenuta da situazioni relazionali in cui non vigano conflitti o peggio prevaricazioni.

UEPE: l’esecuzione penale non detentiva

Le  misure alternative alla detenzione (la cosiddetta esecuzione penale non detentiva) consentono alle persone condannate, che siano in possesso di determinati requisiti oggettivi e soggettivi, di scontare la pena nel proprio ambiente di vita, ottemperando alle prescrizioni imposte dalla Magistratura di Sorveglianza, nella maggior parte dei casi senza passare affatto attraverso il carcere.

Gli Uffici di Esecuzione Penale Esterna (di seguito UEPE), istituiti dalla Legge n. 354/75 e succ. modifiche, sono per l’appunto deputati alla gestione del sistema dell’esecuzione penale non detentiva.

Nel rapportarsi con la Magistratura di Sorveglianza, che governa le misure alternative, l’UEPE svolge i propri compiti istituzionali di sostegno e controllo, collaborando con enti locali, dipartimenti per le dipendenze, servizi psichiatrici, forze dell’ordine, mondo del lavoro, volontariato e con ogni altro interlocutore istituzionale e non, che sia aperto alla cooperazione. Con tali partner l’UEPE costruisce e coordina una rete di risorse utili al reinserimento sociale delle persone condannate.

Secondo le ultime ricerche nel settore, la finalità del reinserimento nella società viene raggiunta in misura maggiore quando l’esecuzione della pena avviene all’esterno del carcere. Studi specifici hanno evidenziato una percentuale di recidiva del 70% tra i condannati che hanno espiato la pena in carcere contro una percentuale di recidiva del 20% tra quelli che hanno beneficiato di una misura alternativa. Nuovi studi confermano l’efficacia delle misure alternative anche in termini di oneri per la comunità.

L’UEPE gestisce, dunque, diverse tipologie di misure alternative, tra cui la detenzione domiciliare e la semilibertà, ma in special modo l’affidamento in prova al servizio sociale per persone condannate in via definitiva, e più recentemente la messa alla prova, per persone imputate. Entrambe prevedono la predisposizione di programmi di trattamento individualizzati finalizzati al reinserimento sociale e alla rieducazione.

Nuovo Maschile collabora con l’UEPE di Pisa

Nell’ambito del lavoro che l’UEPE di Pisa svolge per la costruzione di una rete di risorse volte al sostegno dei percorsi rieducativi, nel 2015 è stata formalizzata la nostra collaborazione con tale servizio. Il partenariato prevede l’invio da parte dell’UEPE e la presa in carico da parte della nostra associazione, di persone ritenute idonee a svolgere un percorso di riflessione e cambiamento circa le proprie modalità relazionali violente.

Insieme ad altre associazioni del Terzo Settore che si occupano di prevenzione, promozione della salute, legalità, solidarietà, abbiamo inoltre partecipato ad un progetto, promosso sempre dall’UEPE di Pisa, rivolto a uomini sottoposti a messa alla prova e affidati al servizio sociale. Il progetto, che è ancora in corso, prevede la strutturazione e lo svolgimento di una serie di incontri di informazione e sensibilizzazione su vari temi, fra cui anche la gestione delle emozioni e il riconoscimento della messa in atto di condotte aggressive.

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